martedì 1 marzo 2011

Bisogna davvero mandarli a scuola. Non sanno nemmeno leggere.

E pretendono pure di scrivere (le leggi).

E non parlo solo di Berlusconi, ma anche della Gelmini, ministro della (DIS)istruzione.
Non parliamo di Bossi e dei leghisti che quelli si sa già in partenza essere irrecuperabli e sarebbe giusto che se ne ritornassero verso il polo nord, loro sede naturale e da dove sembra (come dicono) siano venuti.
Su una cosa ci troviamo d'accordo: per insegnare loro qualcosa bisogna ripristinare i vecchi metodi di una volta:
bacchettate sulle mani, sberle, ceffoni, scozzacolli, e chi più ne ha più ne metta.
Cosi come lo Stato tollerante e le Garanzie di Giustizia, sarebbe ora che gli si desse una bella scrollata, perché in mano a costoro e ai Ghedini-Alfani o a tutti coloro che possono permettersi stuoli di avvocati difensori, diventano degli imbattibili e potenti strumenti di INGIUSTIZIA!!!

E abbaiano pure, dopo 15 anni di slittamenti dovuti al loro ininterrotto e ben retribuito lavorio, che i soliti Giudici Comunisti impediscono loro di difendere il loro Cliente (e che Cliente?)
Ovvio... così intanto avranno modo di approvarsi tutte le leggi Salva Delinquenti che vogliono, per salvare QUEL delinquente unico dal quale sembra che siano pagati.

Non c'è che dire, applicano i dettami della Sacra Bibbia alla lettera... ve la ricordate la leggenda?
Quella di Sodoma e Gomorra? Quando non ricordo chi chiese al Signore se in quella imminente strage avessero patito anche gli innocenti e il Signore gli rispose: Vai e cercalo e se ne trovi anche soltanto solo uno, giusto e innocente, allora anche tutti gli altri saranno salvi.
Nel nostro caso ovviamente, come sono soliti fare, hanno rovesciato i termini e hanno decretato che se anche si trova UN SOLO delinquente in Parlamento, ANCHE TUTTI GLI ALTRI SARANNO SALVI!!!

Quanto altruismo, e quanto amore!!!

(da Repubblica.it)

IL CASO

La distruzione della scuola pubblica

Lo scontro sull'istruzione dopo le parole di Berlusconi. La Gelmini le commenta, e cita la Costituzione. Ma capovolge il senso della Carta

di SALVATORE SETTIS È BELLO che l'onorevole Gelmini, nel commentare le dichiarazioni del presidente del Consiglio sulla scuola, abbia citato la Costituzione. Peccato che l'abbia citata a sproposito, capovolgendone il senso. Secondo l'on. Gelmini, "Il pensiero di chi vuol leggere nelle parole del premier un attacco alla scuola pubblica è figlio della erronea contrapposizione tra scuola statale e scuola paritaria. Per noi, e secondo quanto afferma la Costituzione italiana, la scuola può essere sia statale, sia paritaria. In entrambi i casi è un'istituzione pubblica, cioè al servizio dei cittadini".

Ma la Costituzione non dice questo, dice il contrario (art. 33). Dice che "la Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi". Che "enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato". Dice che "la legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali". L'art. 34 aggiunge che "l'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita", e prescrive che la Repubblica privilegi, con borse a aiuti economici alle famiglie, "i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi".

La Costituzione stabilisce dunque una chiarissima gerarchia. Assegna allo Stato il dovere di
provvedere all'educazione dei cittadini (obbligatoria per i primi otto anni) e di garantirne l'uguaglianza con provvidenze ai "capaci e meritevoli". Fa della scuola di Stato il modello a cui le scuole private devono adeguarsi, e non ipotizza nemmeno alla lontana due modelli di educazione alternativi e concorrenti. Ma come può esser mantenuta l'efficacia del modello, se la scuola pubblica viene continuamente depotenziata tagliandone personale e risorse, e per giunta irridendo chi ci lavora?

Lo smottamento in direzione della scuola privata comincia coi governi di centro-sinistra (decreti Berlinguer del 1998 e 1999, legge 62 del 2000, governo D'Alema), e coi governi Berlusconi diventa una frana: si taglia la scuola pubblica e si incrementano i contributi alla scuola privata, sia in forma diretta che con assegni alle famiglie, e senza alcun rispetto per il merito degli allievi. A meno che il merito non consista, appunto, nell'aver scelto una scuola privata. Ed è dal 1999 (riforma Bassanini) che il ministero oggi ricoperto dall'on. Gelmini non si chiama più "della Pubblica Istruzione", ma "dell'Istruzione" (senza "pubblica"). Anziché inveire contro "la scuola di Stato dove ci sono insegnanti che vogliono inculcare negli alunni principi contrari a quelli che i genitori vogliono inculcare ai propri figli", ipotizzando una scuola pubblica dominata dalla sinistra, Berlusconi dovrebbe dunque ringraziare la sinistra per aver inaugurato con tanto successo la deriva in favore della scuola privata.

Ancora una volta, l'uomo che per il suo ruolo istituzionale dovrebbe rappresentare lo Stato e il pubblico interesse agisce dunque come il leader dell'anti-Stato. A una Costituzione che assegna allo Stato il compito di dettare regole sulla scuola e di imporre ai privati il rispetto delle stesse regole (e l'onere di cercarsi i finanziamenti dove credono), si va così sostituendo, con l'applauso del ministro della già Pubblica Istruzione, una Costituzione immaginaria, nella quale "libertà" vuol dire distruzione della Scuola pubblica, vuol dire convogliare i finanziamenti pubblici sulle scuole private, vuol dire legittimare l'idea che nelle scuole pubbliche si "inculcano" principi antilibertari, mentre nelle scuole private tutto è automaticamente libero, perfetto, "costituzionale".

Eppure nel riformare la scuola, uno dei pochissimi provvedimenti di un governo che ha il record dell'inazione e della paralisi, l'on. Gelmini si è fondata sull'articolo 33 della Costituzione, secondo cui "la Repubblica detta le norme generali sull'istruzione". E' lo stesso articolo che, una parola dopo, stabilisce la centralità e la priorità della scuola pubblica, disprezzata dal presidente del Consiglio. Ma la "Costituzione materiale" di cui si va favoleggiando (cioè l'arma impropria con cui si vuol demolire l'unica e sola Costituzione, quella scritta) ha ormai come principio fondamentale il cinico abuso di quanto, nella Costituzione, può esser distorto a beneficio di una "libertà", quella del premier, che consiste nell'elogiare l'evasione fiscale in un discorso alla guardia di Finanza (11 novembre 2004), nell'attaccare ogni giorno la magistratura, nel regalare al suo amico Gheddafi cinque miliardi di dollari tolti alla scuola, al teatro, all'università, alla musica, alla ricerca, alla sanità, nel consegnare il territorio del Paese alla speculazione edilizia, nel legittimare col condono chi viola le leggi, nel creare per se stesso super-condoni, usando le (sue) leggi contro la forza della Legge.

"Inculcare principi": questa la concezione dell'educazione (pubblica o privata) che Berlusconi va sbandierando. Fino a quando lasceremo che "inculchi" impunemente nell'opinione pubblica l'idea perversa che compito di un governo della Repubblica è smantellare lo Stato, sbeffeggiando chi serve il pubblico interesse?

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