sabato 6 febbraio 2010

Quando uno stato criminale protegge degli assassini...

Un tempo quando ci parlavano di torture nelle carceri e di maltrattamenti e di uccisioni senza processi, si riferivano sempre a Paesi lontani, robe da terzo mondo, dove giustizia e crimine erano sinonimi e dove la civiltà aveva lasciato posto e abdicato alla barbarie da bestie immonde e dove l'unica legge era quella della Jungla.

Oggi grazie a Dio anche noi in Italia possiamo vantarci di avere raggiunto quell'invidiabile stadio evolutivo dove pochi cani rognosi fanno giustizia sommaria con la piena consapevolezza e la piena certezza di passarsela liscia grazie a uno stato, che li protegge e li coccola... che li esalta e li onora, che li mantiene e li sostiene, che li incoraggia e li celebra!!!
(Tanto se poi si dirà che si e' trattato di "suicidi", chi potrebbe mai smentirli?).


72 morti in carcere nel solo 2009.



(da www.l'Unita'.it)

Cucchi/ L'ultima lettera di Stefano, la sorella: cercava aiuto

Roma, 6 feb. (Apcom) - "Caro Francesco sono al Sandro Pertini, in stato d'arresto. Scusa se stasera sono di poche parole ma sono giù di morale e posso muovermi poco. Volevo sapere se potevi fare qualcosa per me. Adesso ti saluto, a te e agli altri operatori. Ps per favore rispondimi", è questa la lettera scritta il giorno prima di morire da Stefano Cucchi, deceduto nel reparto protetto del Pertini il 22 ottobre scorso dopo una settimana dal suo arresto. Una lettera misteriosamente scomparsa dagli effetti personali del geometra 31enne e altrettanto misteriosamente riapparsa. Ora è pubblica, ed è stata anche letta al Tg1. "La lettera - spiega Ilaria Cucchi, la sorella di Stefano, al telefono con Apcom - dimostra che a dispetto di quello che si diceva Stefano non si era chiuso in volontario autoisolamento, ma anzi cercava aiuto e nella lettera chiede aiuto espressamente. La parte più importante è quella finale 'per favore rispondimi' : qui si capisce bene il suo stato d'animo, non era lui a volersi isolare, ma sentiva di essere stato isolato. Aveva paura di non essere ascoltato, sentito". Mentre lui "cercava di comunicare invece con l'esterno".

La lettera è stata scritta, secondo la testimonianza di una vicesovrintendente del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria il 21 ottobre, la sera prima della morte del giovane, anche se riporta nel testo - precisa Ilaria - la data del 20 ottobre. Il destinatario è Francesc,o uno degli operatori del Ceis, il centro di recupero dove Stefano voleva tornare. "Forse si sentiva abbandonato da noi - aggiunge Ilaria - dalla famiglia, perché non sapeva che invece tutti i giorni i miei genitori erano fuori dal Pertini per sapere di lui, avere sue notizie, chiedendo di parlare con lui. Nessuno glielo ha detto. Dalle parole che scrive si sente che invece si sentiva abbandonato e solo. Aveva paura che nessuno potesse ascoltarlo. Si sentiva messo in isolamento, ma non era lui a volersi isolare".

Un altro punto da sottolineare per Ilaria è il destino di questa lettera: è stata scritta ma Stefano non ha fatto in tempo a consegnarla per spedirla, era negli effetti personali contenuti nella scatola che il Pertini, così come riferisce il verbale dell'ospedale, ha consegnato al Regina Coeli, ma è poi sparita e non c'era nella scatola che la famiglia ha ritirato al Regina Coeli. Anche il verbale del carcere non ne menzionava l'esistenza. Ma la lettera infine è stata spedita, spedita quattro giorni dopo la morte di Stefano, quando ormai era troppo tardi e quando ormai il caso era già scoppiato. Perché? Si chiede Ilaria, e da chi? La lettera infatti è scritta dalla mano di Stefano, ma non così l'indirizzo sulla busta del mittente, scritte da un'altra mano, forse la stessa che misteriosamente l'ha spedita, impedendo che le ultime parole di Stefano non fossero ascoltate.


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(da notizie..virgilio.it)


Cronaca

Carceri/ Oss. Permanente: con Dap altro sistema rilevazione morti

Per questo differenza in numero vittime, da 72 a 58

postato 2 giorni fa da APCOM

Roma, 3 feb. (Apcom) - La differenza tra i 72 suicidi di detenuti, che sono stati registrati dall'Osservatorio permanente sulle morti in carcere nel corso del 2009, ed i 58 rilevati dal Dap è "la conseguenza del diverso sistema di rilevazione utilizzato". Lo spiega in una nota Francesco Morelli, dell'Osservatorio formato da Radicali Italiani, Il Detenuto Ignoto, Antigone, A Buon Diritto, Radiocarcere eRistretti Orizzonti. "Per il Dipartimento della Aministrazione Penitenziaria, infatti, un detenuto che si impicca in cella, viene soccorso mentre è ancora in vita, ma poi muore durante il trasporto all'ospedale, o anche alcuni giorni dopo il ricovero senza riprendere conoscenza, non rientra nelle statistiche dei 'suicidi' - precisa Morelli - ma soltanto in quelle dei 'tentati suicidi', che non a caso fanno registrare numeri elevatissimi: oltre 800 nell'ultimo anno".

"Per noi, invece, il detenuto che si è impiccato in cella e muore in autoambulanza o dopo il ricovero nel reparto di rianimazione è da considerarsi 'suicida in carcere' a tutti gli effetti. Lo stesso discorso vale per le morti di detenuti provocate da 'altre cause': perfino il caso, ormai notissimo, di Stefano Cucchi - conclude Morelli - non viene incluso tra le 'morti in carcere', in effetti Stefano è morto in ospedale, ma noi lo consideriamo tra i 'morti di carcere' per il semplice fatto che era privato della libertà personale e quindi della facoltà di autodeterminazione".

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Carceri/ Manconi: In 5 casi fratture giustificate con rianimazione

Morti nei penitenziari, riportavano lesioni gravi

postato 2 giorni fa da APCOM
Negli ultimi anni sono cinque i casi in cui una frattura rilevata sul corpo di un detenuto morto in carcere è stata giustificata come l'effetto dei tentativi di rianimazione. A denunciarlo è stato Luigi Manconi del Comitato verità e giustizia per Stefano Cucchi, incontrando la stampa oggi in Senato. "E' stata depositata - ha spiegato Manconi - una nuova consulenza sul caso di Marcello Lonzi, morto a 29 anni nel carcere di Livorno nel 2003. Il nuovo documento lascia completamente irrisolti i profondi dubbi legati alle ferite al volto, alle tracce di sangue sullo stipite della porta e alle fratture alle costole e allo sterno. Secondo la consulenza le fratture sarebbero dovute ai tentativi di rianimazione. E' penoso - ha sottolineato Manconi - fare ironia su queste cose, ma o i rianimatori italiani sono molto pericolosi, oppure l'attività di rianimazione viene utilizzata per giustificare gli effetti di altro. Sono state spiegate in questo modo negli ultimi anni le fratture di cinque persone morte in carcere". "La vicenda di Lonzi - ha proseguito Manconi - potrebbe a questo punto arrivare all'archiviazione. Noi - ha annunciato - seguiremo con scrupolo tutti questi casi". "Quello delle carceri - ha continuato Manconi - è un sistema in crisi: nel 2009 si è registrato il numero più elevato di morti in carceri di tutta la storia repubblicana, oltre metà della quali dovute a cause da accertare. I soli suicidi sono stati 72, anche questo il numero più alto nella storia della Repubblica, e il 2010 si è aperto in modo altrettanto drammatico. Sette si sono tolti la vita in un solo mese". "Queste cifre - ha aggiunto - indicano il fallimento totale del sistema delle pene nel nostro paese, che è diventato una macchina di morte che non fa altro che riprodurre crimini e criminali".

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