venerdì 3 dicembre 2010

Chi ha paura di Wikileaks? Parte II.

Pazzesco!
Francamente nessuno di noi si aspettava grandi rivelazioni da Wikileaks. Grandi o sconvolgenti che siano, una persona di media cultura e di media intelligenza sa benissimo che le cose che "appaiono", ovvero le "posizioni ufficiali" son ben diverse dalle cose chi si pensano in privato, o che si scambiano in modo confidenziale fra amici o all'interno di un gruppo.

Così, per esempio, quando Berlusconi definì Obama "abbronzato", sappiamo benissimo che ufficialmente non c'è stata alcuna presa di posizione da parte dell'interessato, ma ciascuno di noi dentro di sé avrà immaginato cosa avrà detto, magari a Michelle (sua moglie) o in modo confidenziale a qualche suo vicino o amico:

"Ma che cazzo dice questo c......?"

Sarebbe stato il minimo che avrebbe detto una persona normale, non credete?

Quindi Wikileaks, che parla delle porcate della guerra in Iraq, o di ciò che pensano i vari "personaggi" della ribalta internazionale sui governanti di questo o quel paese, a costo di sembrare troppo facilone, non vi nascondo che per il sottoscritto tutto sommato erano cose risapute.
Saranno sconvolgenti, (forse, ma non troppo perché tanto continuano a non crederci lo stesso) per i tanti fedelissimi berluscones che hanno ancora (in buona fede) i paraocchi, e coloro che i paraocchi se li mettono apposta, e in mala fede ovviamente.

Ma un fatto è certo: l'informazione VA SEMPRE GARANTITA, anche quando è scomoda!!!

E' in quest'ottica che stamattina mi ha chiamato il mio amico Thomas da New York per dirmi che si stava perpetrando una gran porcata contro wikileaks e che stava raccogliendo le adesioni per una petizione da presentare al Presidente Obama perché la libera informazione anche sui files riservati, una volta divenuti pubblici, venga sempre e comunque garantita.

Mi ha comunicato un episodio increscioso che gli è occorso proprio stamattina, immediatamente dopo aver registrato a suo nome un dominio ( officialwikileaks.com ) e mentre era ancora alle prese con la "costruzione" del file index.php (la prima pagina), il sito era stato appena aperto da qualche minuto, quando già cominciarono a piovere le prime "visite".

Strano!!!
Molto strano!!!
Stranissimo!!!

Normalmente, mi spiegava, le associazioni dei nomi di dominio coi numeri IP impiegano ore e ora prima che vengano "distribuiti" e propagati sui vari servers DNS, e addirittura giorni e giorni prima che i "motori di ricerca" li trovino e li inseriscano nei propri databases.

Tanto per farvi un esempio, se aprite un sito tipo "vattelapesca.com" ci vogliono alcune ore (a volte anche 24 ore) prima che possiate digitare www.vattelapesca.com ed entrare correttamente nel sito.
Non solo, ma posto che voi cerchiate il nome "vattelapesca" con un qualsiasi motore di ricerca, prima che il motore (qualunque motore di ricerca) vi dia l'indirizzo giusto sono necessarie spesso diverse settimane, e a volte persino qualche mese.

Ma non e' finita!

Il mio amico si è visto piovere diverse "visite" dopo appena uno o due minuti dalla sua "apertura" tanto è vero che è stato costretto a bloccarlo per quasi un'ora, per avere il tempo di completarlo.
E la cosa strana è che la prima visita in assoluto e' stata una proveniente dalla Cina!!!


Ora potete andarci, il suo obiettivo, come quello di migliaia e migliaia di altri "internauti" è quello dichiarato di "distribuire capillarmente" le informazione in modo da rendere blando o inefficace il lavoro di eserciti ed eserciti di hackers o presunti tali che a quanto pare la Casa Bianca sta tentando di ingaggiare.

Un vero hacker (uno che lo fa per scelta ideologica) non tradirebbe mai la sua idea e non riuscirebbero mai ad ingaggiarlo, neanche sotto tortura.

Il sito (uno dei tanti) che si propone di essere un "mirror" di wikileaks è il seguente:

http://www.officialwikileaks.com

(la nota sotto invece l'abbiamo tratta dal Corriere.it)

Vita Digitale
03/12/2010

Wikileaks "scompare" dalla Rete

Scritto da: Federico Cella alle 17:28

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Se Internet fosse uno spazio fisico si potrebbe dire che si sta creando il vuoto intorno a Wikileaks. I primi a prendere le distanze dal sito che ha messo a disposizione i cablogrammi delle ambasciate americane sono stati Amazon e Tableau Software. Il sito di Jeff Bezos i giorni scorsi aveva sfrattato il sito del gruppo di Assange dai propri server, spiegando il provvedimento con la violazione del contratto che regola “l’uso responsabile” degli strumenti messi a disposizione, e negando che invece la decisione abbia fatto seguito a pressioni politiche – il senatore Lieberman, presidente della Commissione sulla sicurezza nazionale, aveva chiesto chiarimenti sui legami tra Amazon e Wikileaks – o agli attacchi informatici al dominio del sito che “erano stati respinti con successo”. Tableau Public, il software gratuito usato per mettere online i grafici dei cablogrammi diplomatici, ha invece spiegato che la decisione “non facile” di negare l’utilizzo del proprio programma è legata al fatto che Wikileaks “non aveva diritto di divulgare i file”. Sul blog dell’azienda però viene anche aggiunto che “la scelta è anche legata alla pubblica richiesta del senatore Lieberman alle organizzazioni che in qualche modo ospitano Wikileaks di mettere fine al rapporto con il sito”.

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Il colpo di grazia è però arrivato quando in Italia erano le quattro di venerdì notte: il provider americano EveryDNS.net ha smesso di direzionare il traffico della Rete su Wikileaks.org. Di fatto rendendo il sito invisibile su Internet per diverse ore. Sei per la precisione, prima cioè che il sito tornasse visibile su un nuovo dominio, cioè Wikileaks.ch, un indirizzo svizzero che al momento è diventato quello ufficiale per rimanere sintonizzati sui “leaks” pubblicati dal gruppo. In realtà gli ormai rinomati server del bunker svedese della Bahnhof (nella foto) hanno continuato a “servire” il sito a chi ne faceva richiesta, ma non più a un indirizzo “intelleggibile” come appunto Wikileaks.org, bensì a quello numerico, cioè sull’indirizzo IP 213.251.145.96 (a cui ora viene ridiretto il nuovo 88.80.13.160). Non rintracciabile a meno di utilizzare alcuni strumenti in Rete – o plugin del browser – comunque non di facile utilizzo per la maggior parte degli utenti della Rete. “E’ stata di fatto cancellata l’associazione dell’indirizzo al dominio”, ci ha spiegato Antonio Forzieri, security evangelist di Symantec. “E’ un po’ come se chiedessimo a un postino di consegnare una lettera a Tal dei Tali senza però fornirgli l’indirizzo dove recapitarla. Se per un caso il postino conosce il destinatario di persona – cioè se noi conosciamo l’indirizzo IP – la consegna andrà a buon fine. Altrimenti, pur con tutta la buona volontà, il postino non saprà proprio dove andare”.

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Su Twitter, ormai una sorta di ufficio stampa attivo 24 ore su 24, viaggiano le due versioni di quanto accaduto, quella di EveryDNS.net e quella di Wikileaks. Sul profilo dell’azienda americana si spiega come il provvedimento sia seguito agli attacchi informatici all’indirizzo Wikileaks.org. “Il membro non deve interferire con l’utilizzo del servizio da parte degli altri soggetti”. In questo caso i gigabyte di richieste fasulle al dominio – gli attacchi chiamati Ddos, “Distributed denial of service” - hanno messo a rischio l’accesso agli altri 500 mila siti gestiti da provider. “Ma la pratica di disabilitare la risoluzione dell’indirizzo è comunque anomala”, spiega Forzieri (foto), “e ben poco fair. Anche perché dovrebbe essere chi fornisce il servizio stesso a prendere le contromisure contro gli attacchi Ddos. Anche se questi, devo dire, avevano una “potenza di fuoco” incredibile, che è ben difficile da reperire sul mercato nero. Ed è comunque un’operazione costosa”.

keeousstrong.JPGIl Twitter di Wikileaks infatti riporta una versione ben diversa dell’accaduto che si riassume con la frase: “Il sito è stato ucciso dagli Stati Uniti”. E ora al nuovo indirizzo è comparso un banner che invita a fare donazioni all’associazione “per aiutare Wikileaks a mantenere i governi trasparenti”. Con la consapevolezza che i motori di ricerca ci metteranno un po’ di ore a indicizzare il nuovo indirizzo del sito e dunque a renderlo di nuovo facilmente rintracciabile dalla Rete. Dove già si vocifera che Assange, uomo collettivo ormai assurto – a prescindere dal giudizio sul suo operato – al ruolo di sciamano digitale, abbia in mente una qualche nuova mossa per non perdere ulteriore terreno nello spazio non fisico della Rete.

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