lunedì 13 settembre 2010

Lapidazione, rogo o condanne ad essere murate vive...


L'unica cosa che cambia sono i tempi.

Un tempo anche la nostra religione, quella dell'ama il prossimo tuo come te stesso, amava talmente le donne che le mandava al rogo come streghe se solo osavano "pensare" (dimostrando così di NON essere le fe-minus -ovvero esseri inferiori all'uomo- come pretendeva il cristianesimo di allora che di cristiano aveva soltanto l'aggettivo).

Qualcuno ha detto che i musulmani sono ancora all'anno 1500 o giù di lì, e in effetti molti di loro hanno ancora una concezione religiosa della società che corrisponde più o meno al nostro sedicesimo secolo soprattutto nei riguardi delle donne, considerate ancora figlie del demonio o quanto meno da questo manipolate per costringere l'uomo casto e puro (quale dovrebbe essere il discendente di Adamo) a peccare e a sentire il bisogno del piacere carnale che altrimenti, senza la presenza della donna, non avrebbe mai sentito così urgente e così impellente.

Insomma ci sarebbe da farci sopra delle sguaiate e rumorosissime risate se non fosse che la questione assume toni tragici, e la nostra coscienza di esseri UMANI viene SCONVOLTA da certi avvenimenti. Anche se siamo atei la nostra umanità e' SICURAMENTE più sensibile di quella di coloro che si professano credenti e poi non adottano nemmeno quell'unico insegnamento che dovrebbe essere UNIVERSALE a prescindere dal credo di appartenenza:

Ama il prossimo tuo come te stesso.

Io amo il mio prossimo; e lo amo a tal punto che se Dio esistesse lo sfiderei e gli direi, se ne fosse capace, di caricare addosso a me, solo addosso a me, tutti i mali del mondo e di non permettere più che la sofferenza regni sovrana.
Di non permettere più che un bambino soffra.
Di non permettere più che si usi violenza contro altri esseri viventi di ogni ordine e specie.
Di non permettere più che le SUE creature, SUE badate bene, avessero a soffrire quei mali che sono sotto gli occhi di tutti noi e che nessun Dio veramente buono, se fosse davvero un Dio dovrebbe permettere.
Sarebbe dunque un Dio vero e permetterebbe queste cose?

IO UN DIO COSÌ LO RINNEGO!!!

Io un Dio cosi lo combatterei sempre e con tutte le mie forze e LO ODIEREI di un odio mortale, al punto che se esistesse realmente, qualora potessi lo distruggerei.

Ma è forse un Dio quell'essere in nome del quale si perpetrano i più atroci delitti e che questi delitti permette?

(da Repubblica.it)

Per Sakineh, a morte la pena di morte!

di DANIEL SALVATORE SCHIFFER*

Nella Repubblica Islamica dell'Iran una donna di 43 anni, madre di due figli, Sakineh Mohammadi-Ashtiani, rischia oggi la morte per lapidazione (dopo aver già subito 99 frustate in guisa di punizione pubblica e a titolo di " esempio", in presenza di suo figlio). Una vergogna per l'umanità!

Quali i crimini commessi da Sakineh agli occhi delle autorità politico-religiose di questo Paese ? L'adulterio, un fatto comprovato, che tuttavia non è un crimine e neppure un reato. Ma soprattutto la complicità nell'omicidio di suo marito, perpetrato dal suo amante; quest'ultima effettivamente confessata - sotto una pressione morale orrendamente simile a una tortura psicologica - ma poi negata con disperata ostinazione.

Certo, in mancanza di sufficienti elementi di giudizio, non sta a noi dirimere qui la questione della presunta colpevolezza o dell'innocenza di questa donna. Non intendiamo perciò entrare nel merito della dinamica del processo, e tanto meno nei suoi dettagli. C'è però una cosa, in questa procedura giudiziaria, di cui siamo certi: punizioni di questo tipo, non diversamente da tutte le forme che può assumere la pena capitale, sono contrarie in tutto e per tutto non solo alle prassi di ogni democrazia moderna - definizione certo non confacente all'Iran integralista dei Mollah - ma in senso ancora più globale, al rispetto della vita umana. E ciò in ogni caso e senza esclusione alcuna, quale che sia la gravità delle imputazioni. quest'argomento essenziale - il rispetto, in questo caso, della vita di una donna - anche il più fondamentalista dei credenti dovrebbe mostrarsi sensibile, in nome di una logica della compassione e al cospetto della carità divina. A morte, dunque, la pena di morte!

Il supplizio previsto, particolarmente barbaro e retrogrado - in doloroso contrasto con la grande civiltà che l'Iran ha rappresentato in passato - ci riporta ai momenti peggiori dell'oscurantismo ideologico e religioso di sinistra memoria, indegno di un Paese moderno. L'ondata di sdegno suscitata sull'intero pianeta dal verdetto della giustizia iraniana è dunque perfettamente giustificata.

Ecco perché gli intellettuali più impegnati, coscienze instancabili nello sforzo di vigilare sul claudicante andamento del mondo, hanno rivolto un appello solenne alle autorità iraniane, chiedendo loro di fermare in via definitiva - se non altro per clemenza, o per pure e semplici ragioni umanitarie, l'iter di questa esecuzione iniqua e intollerabile!

Ma non è tutto: in senso ancora più generale, al di là dell'urgenza di un caso individuale e particolare come quello di Sakineh, chiediamo, con lo stesso fervore morale, la stessa determinazione filosofica, il rispetto della dignità e della libertà di tutte le donne iraniane, siano esse musulmane o di qualunque altra confessione religiosa o anche laiche. Questo nostro appello pressante è condiviso, ne siamo certi, da milioni di uomini e donne di buona volontà in tutto il mondo democratico!

Infine, chiediamo non solo una misura temporanea quale la sospensione della lapidazione di Sakineh, ma la pura e semplice abolizione di questa pratica!

Perciò rivolgo a chiunque leggerà questo testo l'invito ad associarsi con la propria firma all'appello lanciato in tutto il mondo dai miei amici intellettuali francesi e dal sottoscritto, cittadino italiano, e pubblicato on line come petizione aperta sul sito di Repubblica.

Questo chiediamo oggi agli Ayatollah, ai Mollah e al presidente della Repubblica islamica dell'Iran: liberate Sakineh dall'anticamera di questa morte più d'ogni altra atroce e crudele.


*Filosofo, autore di Filosofia del Dandismo, o l'estetica del vivere (Excelsior 1881, Milano, 2010)

(Traduzione di Elisabetta Horvat)


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