E davvero siamo così tanto allocchi da credere che delle persone, (ex ma non tanto ex) dipendenti di una azienda concorrente non sarebbero messe lì per fare gli interessi dell'azienda (e del suo proprietario) che li ha nominati e che (indirettamente) li paga?
INFORMAZIONE E POLITICA
Saviano: "Hanno paura dei contenuti
senza ospiti non vado in onda"
Parlo lo scrittore: "Vogliamo solo raccontare l'Italia che resiste" di LEANDRO PALESTINI
ROMA - Roberto Saviano, nel programma suo e di Fazio cosa c'è che fa così paura alla Rai?
"C'è semplicemente la voglia di parlar chiaro sull'Italia di oggi. Non di parlar male del Paese, precisiamo: ma di dire le cose come stanno. Spiegando quel che non funziona, naturalmente, ma anche le tante realtà positive che ci fanno capire ogni giorno come valga la pena restare in Italia, appassionarsi al suo futuro, e lottare perché questo futuro sia migliore del presente".
Ma è vero che sono saltati tutti gli ospiti, all'improvviso?
"Sì, oggi abbiamo saputo che la direzione generale non ha approvato i contratti che erano stati definiti con gli ospiti delle varie puntate. Hanno detto di no, rifiutando personaggi che ogni televisione si contenderebbe per la prima serata".
Sta parlando di Roberto Benigni e Bono Vox?
"Certo, ma non solo. Benigni e Bono avevano accettato, e anche con entusiasmo, nonostante il programma sia stato spostato d'imperio dal mercoledì al lunedì, contro il Grande Fratello. Ma la Rai ha detto no. E ha rifiutato anche Albanese, Paolo Rossi, Claudio Abbado".
Le ragioni sono economiche?
"Può darsi che siano economiche le ragioni che vengono accampate. In realtà i contratti erano stati chiusi a condizioni molto vantaggiose per l'azienda, e soprattutto gli spazi pubblicitari erano andati a ruba. Non solo. Roberto mi ha chiamato poco fa raccontandomi che aveva detto alla Rai di essere pronto a venire nel programma anche gratis. Dunque, di cosa stiamo parlando?".
Ce lo spieghi lei. Cosa sta succedendo in Rai?
"Io so che ci è stata chiesta la scaletta del programma, e io e Fazio l'abbiamo consegnata a Masi, senza tenere nulla nascosto. Faccio un esempio: ho detto che nella prima puntata io Fazio e Benigni vogliamo occuparci delle proprietà di Berlusconi, poi io intendo parlare della mafia e della camorra. Nelle altre puntate voglio affrontare la "fabbrica del fango", cioè l'uso dei dossier e delle calunnie contro gli avversari politici, il terremoto dell'Aquila, i rifiuti di Napoli, il caso dell'Utri".
La reazione qual è stata?
"Ufficialmente il silenzio. Nessuno ci ha detto nulla. Ma da quando hanno conosciuto i contenuti, è cominciato un tentativo continuo di rimpicciolire la trasmissione, tagliando i figuranti, dimezzando lo studio, non firmando il contratto con la Endemol che produce il programma, e infine azzerando gli ospiti".
Qual è l'obiettivo?
"Temo che la paura prevalga, e nessuno si voglia prendere la responsabilità della messa in onda, di dire un sì. E nemmeno di dire un no chiaro. Così si accampano ragioni economiche, si cancellano gli ospiti, si devitalizza il programma da dentro. Fino a snaturarlo, per spingere noi a dire che non si può fare".
E voi lo direte?
"Parleremo io e Fazio, parleremo con gli ospiti, che stanno lavorando gomito a gomito con noi, sentono il programma come una cosa che è anche loro, perché vuole essere del pubblico, dei cittadini: con Benigni ad esempio stiamo scrivendo dialoghi e monologhi, stiamo lavorando sodo. Non posso essere io da solo a decidere per un'operazione collettiva".
Ma lei cosa pensa?
"Io so una cosa: senza Benigni, non vado in onda. Il programma è concepito così, è un dialogo a più voci, non è una serie di comparsate per prendere un applauso. Vogliamo capire e far capire, facendo divertire e riflettere, insieme. Insomma: si può fare solo così, così lo abbiamo pensato e voluto, così gli ospiti lo hanno accettato dicendoci di sì. Tradiremmo noi stessi, se accettassimo di stravolgere le nostre idee, e soprattutto tradiremmo il pubblico. La gente capisce".
Lei dice che ci sono accenti positivi, nel programma. Alla Rai non interessano?
"Non lo so, temo che prevalga la paura. Una paura generalizzata. Se lo studio è tricolore, come il nostro, e se io che sono un uomo del Sud parlo dell'unità d'Italia spiegando il suo valore, qualcuno può aver paura che la Lega si arrabbi. Non sto scherzando: le dico quel che ci capita ogni giorno. Si può lavorare così? Io so che il programma non è una cartolina della malaitalia. Denuncia il buio del nostro Paese, che è inutile nascondere perché i cittadini lo vivono e lo patiscono ogni giorno. Ma sottolinea anche l'Italia che ce la fa, tiene la testa alta e resiste: una gran bella Italia".
E se insistono a dirvi di no?
"Il guaio è che non dicono nemmeno di no. Agiscono togliendo ogni giorno qualcosa, rendendo ogni momento più difficile andare avanti. Si può non avere il contratto con il produttore a venti giorni dalla trasmissione? Si può assistere alla cancellazione in blocco degli ospiti a tre settimane dal via? È chiaro che vogliono farci dire che non ci sono le condizioni per andare in onda".
Non sarebbe una sconfitta?
"Qualcuno, probabilmente, la considererebbe una vittoria, nel Paese rovesciato dove qualche volta penso di dover vivere. Si rinuncia a ospiti famosissimi perché fanno paura gli argomenti che vogliamo discutere con loro, le idee. Pur di non farci parlare in televisione del ritorno della "monnezza" a Napoli, del terremoto, dei rapporti mafia-politica si preferisce tenere le grandi star fuori dalla Rai. Mi dica: conosce un altro Paese dove un premio Oscar come Benigni, un grande divo del rock come Bono e un Maestro come Abbado spaventano le burocrazie televisive, magari per timore di un'arrabbiatura lassù in alto?".
(19 ottobre 2010)
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