Questo è internet.
Probabilmente i suoi "inventori" non si rendevano nemmeno conto della svolta enorme che avrebbero impresso alla società umana.
Calma, ho detto "svolta" non evoluzione.
Svolta non necessariamente evolutiva.
Se sarà evoluzione lo si vedrà a lungo periodo; per ora l'Uomo si sta solo "ubriacando" di questo nettare delizioso anche se cominciano ad emergere in alcuni i primi segnali di nausea post sbornia.
Internet lo strumento, e i social networks i suoi accessori.
Più che lo strumento in sé, a rendere pericoloso Internet e per certi versi nauseabondo sono i suoi accessori; alcuni dei suoi accessori.
Non tutti ovviamente.
E poi tutto dipende dagli usi che se ne fanno.
Un motore di ricerca come Google è importantissimo, insostituibile e vitale se lo si usa per ricerche "costruttive", diventa pericolosissimo se lo si usa per scopi illegali o anti sociali.
Abolire dunque Google?
Sarebbe come pretendere di tagliare tutti gli alberi di tutti i parchi e giardini per evitare che i cani li usino per i loro bisogni.
Ma così come nella realtà canina è poi possibile con spazzola e paletta ripulire il bisogno del nostro amico a quattro zampe, anche gli accessori di Internet dovrebbero consentire questo tipo di pulizia accurata.
Invece...
E a cascarci non sono soltanto gli sprovveduti, ma persino gente che come me, viene considerata veterana di Internet e dovrebbe essere, (almeno in teoria) super vaccinata contro le prevaricazioni e le sopraffazioni in Internet, perché di questo si tratta.
E parlo dei Social Network in generale e di Facebook in particolare.
Avrete notato che questo è (probabilmente) l'unico Blog che non ha un profilo di Facebook?
Non esiste da nessuna parte quella accattivante icona della f stilizzata che è diventato il segno distintivo di appartenenza gloriosa a chissà quale ambìto Club.
E ora vi racconto la mia storia personale.
Oh sarà brevissima, non temete.
Io frequentavo da anni Irc e una mia amica un giorno mi parlò di questo Social Network (facebook) come di un modo simpatico di poter stare insieme scambiandosi files, esperienze, foto ecc. ecc.
Dietro sua insistenza copiai il link, lo portai su Firefox ed entrai nel sito.
Ora, se qualche legislatore si decidesse a fare una leggina con 3 semplici regole da rispettare e nei disclaimer e nelle accettazioni venisse citata senza tante stronzate solo quella legge, probabilmente saremmo tutti molto più consapevoli delle regole a cui dovremmo essere sottoposti anziché andarci a sorbire tutte le IMMANI STRONZATE E IDIOZIE che scrivono tutti nel far sottoscrivere l'accettazione.
IMMANI STRONZATE E IDIOZIE
(e lo ripeto, cosi se vorranno denunciarmi gli viene anche più chiaro ciò che ho scritto)
CHE NESSUNO LEGGE MAI!!!
A doverle leggere tutte, probabilmente, io starei ancora leggendo quelle di un sito visitato una decina d'anni e per arrivare a tutte le cose che ho fatto in questi ultimi 10 anni probabilmente ci arriverei verso la fine di questo terzo millennio o agli inizi del quarto.
Insomma per farla breve, click click clik, nome cognome indirizzo, quelli veri, (Facebook era ai primi giorni e contava poche migliaia di iscritti in Italia) insomma per farla breve ho messo (come sono solito fare quasi sempre quando penso di usare Internet per cose serie e non scherzose) ho messo i miei dati anagrafici veri.
Ho fatto un giro, ho aggiunto la mia amica, insomma nulla di che, e me ne sono ritornato a occuparmi d'altro, compreso Irc dove ho parecchi amici e parecchi canali.
E non vi ho più fatto alcun accesso per oltre un mese.
Un mese dopo, avviene il Boom e sento parlare di questo benedetto (o maledetto) facebook.
Recupero la password (che perdo sempre regolarmente), effettuo l'accesso e... SORPRESA!!!
Mi ritrovo con oltre 3000 richieste d'amicizia, messaggi privati, suggerimenti, richieste di adesioni... insomma un INTASAMENTO GLOBALE.
Con molta calma a quel punto apro la mail che avevo dato (meno male, era una delle centinaia di e-mail che non uso mai, o meglio che uso per la serie usa e getta...) e la ritrovo intasatissima e FULL.
Insomma tento a quel punto di modificare i miei dati.
IMPOSSIBILI DA MODIFICARE e DA CANCELLARE!!!
Scrivo una mail VIOLENTISSIMA agli amministratori minacciandoli di rivolgermi alla Magistratura e... (probabilmente molti come me avranno fatto la stessa cosa), qualche mese dopo vengo a sapere che "qualche modifica al profilo" la consentivano.
E così l'ho modificato.
Compresa la e-mail.
Insomma avrei voluto farmi nascere il 01-01-2001, nulla da fare, dovevo avere almeno 18 anni e cosi mi sono fatto rinascere il 01-01-1991.
E oggi il mio "profilo" vanta il più piccolo numero di "amici" in assoluto (soltanto 3, pensate un po'), ai quali avevo dato l'assenso, ma solo perché erano amici cari.
Ogni tanto ora ci entro, ma solo per giocare a Biotronic, che è un po' nevrotico ma è carino come gioco, e per andare a firmare qualche petizione che reputo interessante... ma varra' qualcosa visto che tutti i dati sono fasulli?
Ah quasi me ne dimenticavo.
Incazzato com'ero come una iena... ho preso un dominio che ha questo nome facecock.org e vi ho installato un mio social network burla, ma dove almeno, e questo lo garantisco io, se uno si vuol cancellare puo' farlo in qualsiasi momento; ma altrettanto democraticamente lo stesso dominio puo' venire cancellato in qualsiasi momento...
E' bella la libertà, ma questa ovviamente deve valere anche per me... no?
Insomma se vi ci iscrivete non garantisco assolutamente nulla; se volete farlo, fatelo pure... ma partendo dal presupposto che
ANCHE IL NOME E' UNA BURLA!!!(*)
Ecco il logo di facecock
e sotto quello espanso:
(da LaStampa.it)
11/1/2010 (7:52) - PIANETA WEB - LA VOGLIA D'OBLIO
I corsari che aiutano
a sparire da Internet
a sparire da Internet
Cresce la rivolta dei pentiti di chat e social network: «Quando si entra nel meccanismo, scatta la trappola»
BRUNO VENTAVOLI
ROMA
All’inizio è un turbine di narcisismo. Il mondo entra nel computer, trovi amici, amori, consigli da chi condivide lo stesso hobby. Ma quando, d’un tratto i social network, le chat, i blog vengono in uggia, è difficile svanire nel nulla. Ed è impossibile sapere quel che accadrà alle mille schegge di noi, della nostra vita, dei nostri segreti, dei nostri peccati, delle nostre parole, dei nostri avatar sparsi per la rete. Ieri un legale di Vittorio Sgarbi ha spedito una diffida a YouTube e Google. «O togliete le sue immagini, o le pagate 10 mila euro al minuto».
I video con invettive e risse del sindaco-critico in decine di agorà televisive sono cliccatissimi. E se non si paga l’obolo si viola la legge sullo sfruttamento delle immagini. Qui è in ballo il delicato problema del diritto d’autore che spacca i teorici del web. Ma l’assillo di tutelare se stessi sta diventando sempre più seccante. Anche se non si fanno opere d’arte. Né si dicono cose vip. Basta aver infilato il naso nella rete e il sacrosanto bisogno di fuga, elogiato da Laborit, diventa chimera. Solo il computer spento per sempre, o la Legione Straniera, libera da turbe di molestatori, voyeur, pesanti invasioni nella sfera privata.
Qualche giorno fa una fanciulla di Feltre, in provincia di Belluno, ha avuto la brillante idea di sfrenarsi nel sesso con un fidanzato e un amico e l’ancor più brillante trovata di lasciarsi filmare. La performance è finita su Internet, con nome e cognome della protagonista, e migliaia di persone si scambiano il filmato. La ragazza s’è arrabbiata e ha denunciato tutto alla questura. Violazione della privacy. Le immagini di un peccato sessuale non sono certo invenzione del Web. Se non ci fossero state ereditiere incaute e mogli poco morigerate non avrebbero scritto gialli né Chandler, né Hammett. Ma lì, come succedeva nei meravigliosi film in bianco nero della Warner, spuntava uno stropicciato detective privato o un losco sicario a cancellare le tracce.
Ora è assai più complesso. Internet va contro tutte le vigenti leggi del codice e della fisica. Tutto si crea, nulla si distrugge. Tant’è che qualcuno comincia a proporsi un ruolo di investigatore classico promettendo di cancellare ogni traccia dalla giungla virtuale. Ci sono siti che per poche decine di dollari sorvegliano e puliscono la reputazione degli individui. Setacciano il web e trovano tracce, nomi, citazioni, immagini. E, dietro pagamento di altri dollari, provvedono loro a fare le richieste per cancellare le informazioni sgradite. La funzione è la stessa dei detective hard-boiled. Ma i risultati che si ottengono, probabilmente, molto meno efficaci. Anche perché una volta inglobati dal web si diventa subito patrimonio dell’umanità. Il problema di tutelarsi dall’invadenza della rete nel privato si pone anche se uno non ha mai fatto sesso acrobatico, come la ragazza bellunese.
Basta essersi infilato una volta in uno dei tanti social network alla moda per ritrovarsi catapultato in un tornado di socialità. Tornano gli amici di scuola che uno non sopportava allora, figuriamoci con pancia e calvizie, tornano gli ex amori, e in più arrivano turbe di sconosciuti espansivi che vogliono condividere la medesima passione per le porcellane cinesi e la filologia ugrofinnica. Una volta entrati nel giro è difficile uscirne, a patto di non spegnere per sempre la macchina. A inizio gennaio un gruppo di artisti corsari ha inventato la Suicide Machine, un sito gratuito che consente a tutti i pentiti di Facebook, Twitter, Myspace e LinkedIn di suicidarsi virtualmente, cancellando definitivamente foto, dati, profili dalla blogosfera.
Questo in realtà lo può fare chiunque, ma occorre quasi un giorno di seccanti operazioni. Con l’«applicazione suicida» bastavano pochi clic. La proposta era talmente allettante che molti pentiti di Facebook si sono fatti avanti. In pochi giorni sono stati cancellati 50 mila amici e disattivati 500 profili. Troppi. Troppo facilmente. Facebook è insorta, bloccando l’accesso al sito «suicida». Ha inviato una cortese lettera per invitare a smetterla con quell’attività a-socialnetwork. Dando un limite di tre giorni per comunicare che intenzioni hanno. Sul sito, per ora, ci sono le cifre del conto alla rovescia, secondo per secondo. La scadenza è la mezzanotte di oggi. La decisione di «Suicide Machine» sarà un altro piccolo passo nel nostro incerto destino di esseri virtuali.
Nota(1): per chi mon mastica l'inglese il nome del sito facecock.org puo' tradursi come FacciaDiMinkia.org
All’inizio è un turbine di narcisismo. Il mondo entra nel computer, trovi amici, amori, consigli da chi condivide lo stesso hobby. Ma quando, d’un tratto i social network, le chat, i blog vengono in uggia, è difficile svanire nel nulla. Ed è impossibile sapere quel che accadrà alle mille schegge di noi, della nostra vita, dei nostri segreti, dei nostri peccati, delle nostre parole, dei nostri avatar sparsi per la rete. Ieri un legale di Vittorio Sgarbi ha spedito una diffida a YouTube e Google. «O togliete le sue immagini, o le pagate 10 mila euro al minuto».
I video con invettive e risse del sindaco-critico in decine di agorà televisive sono cliccatissimi. E se non si paga l’obolo si viola la legge sullo sfruttamento delle immagini. Qui è in ballo il delicato problema del diritto d’autore che spacca i teorici del web. Ma l’assillo di tutelare se stessi sta diventando sempre più seccante. Anche se non si fanno opere d’arte. Né si dicono cose vip. Basta aver infilato il naso nella rete e il sacrosanto bisogno di fuga, elogiato da Laborit, diventa chimera. Solo il computer spento per sempre, o la Legione Straniera, libera da turbe di molestatori, voyeur, pesanti invasioni nella sfera privata.
Qualche giorno fa una fanciulla di Feltre, in provincia di Belluno, ha avuto la brillante idea di sfrenarsi nel sesso con un fidanzato e un amico e l’ancor più brillante trovata di lasciarsi filmare. La performance è finita su Internet, con nome e cognome della protagonista, e migliaia di persone si scambiano il filmato. La ragazza s’è arrabbiata e ha denunciato tutto alla questura. Violazione della privacy. Le immagini di un peccato sessuale non sono certo invenzione del Web. Se non ci fossero state ereditiere incaute e mogli poco morigerate non avrebbero scritto gialli né Chandler, né Hammett. Ma lì, come succedeva nei meravigliosi film in bianco nero della Warner, spuntava uno stropicciato detective privato o un losco sicario a cancellare le tracce.
Ora è assai più complesso. Internet va contro tutte le vigenti leggi del codice e della fisica. Tutto si crea, nulla si distrugge. Tant’è che qualcuno comincia a proporsi un ruolo di investigatore classico promettendo di cancellare ogni traccia dalla giungla virtuale. Ci sono siti che per poche decine di dollari sorvegliano e puliscono la reputazione degli individui. Setacciano il web e trovano tracce, nomi, citazioni, immagini. E, dietro pagamento di altri dollari, provvedono loro a fare le richieste per cancellare le informazioni sgradite. La funzione è la stessa dei detective hard-boiled. Ma i risultati che si ottengono, probabilmente, molto meno efficaci. Anche perché una volta inglobati dal web si diventa subito patrimonio dell’umanità. Il problema di tutelarsi dall’invadenza della rete nel privato si pone anche se uno non ha mai fatto sesso acrobatico, come la ragazza bellunese.
Basta essersi infilato una volta in uno dei tanti social network alla moda per ritrovarsi catapultato in un tornado di socialità. Tornano gli amici di scuola che uno non sopportava allora, figuriamoci con pancia e calvizie, tornano gli ex amori, e in più arrivano turbe di sconosciuti espansivi che vogliono condividere la medesima passione per le porcellane cinesi e la filologia ugrofinnica. Una volta entrati nel giro è difficile uscirne, a patto di non spegnere per sempre la macchina. A inizio gennaio un gruppo di artisti corsari ha inventato la Suicide Machine, un sito gratuito che consente a tutti i pentiti di Facebook, Twitter, Myspace e LinkedIn di suicidarsi virtualmente, cancellando definitivamente foto, dati, profili dalla blogosfera.
Questo in realtà lo può fare chiunque, ma occorre quasi un giorno di seccanti operazioni. Con l’«applicazione suicida» bastavano pochi clic. La proposta era talmente allettante che molti pentiti di Facebook si sono fatti avanti. In pochi giorni sono stati cancellati 50 mila amici e disattivati 500 profili. Troppi. Troppo facilmente. Facebook è insorta, bloccando l’accesso al sito «suicida». Ha inviato una cortese lettera per invitare a smetterla con quell’attività a-socialnetwork. Dando un limite di tre giorni per comunicare che intenzioni hanno. Sul sito, per ora, ci sono le cifre del conto alla rovescia, secondo per secondo. La scadenza è la mezzanotte di oggi. La decisione di «Suicide Machine» sarà un altro piccolo passo nel nostro incerto destino di esseri virtuali.
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