martedì 26 gennaio 2010

La religiosità rallenta la demenza senile? O più semplicemente... nei soggetti troppo religiosi non progredisce in quanto già affetti da demenza?

Quando ho letto questa cosa mi veniva da scompisciarmi dalle risate.

Intanto vorrei citare un esempio, che da solo basterebbe a riflettere sulla demenza in generale (Alzheimer o non Alzheimer):

Indro Montanelli.

Non era certo un religioso, eppure è il più chiaro e illustre esempio di una assenza totale di demenza fino agli ultimi giorni della sua vita oltre i suoi 90 anni suonati.

A parte l'assoluta incredibilità' di questa indagine condotta su pochissimi campioni e con risultati assolutamente risibili (che significa mediamente il 10% in meno) tra quelli più religiosi e quelli meno religiosi?

Con che criterio viene stabilita questa guadualità nella "religiosita"?

Aspettiamoci altre "rivelazioni" in questi tempi tristi di ritorno all'oscurantismo.

(da http://www.wellme.it)

Demenza senile, la religiosità la rallenta


Scritto da Francesca Mancuso | Martedì 26 Gennaio 2010 11:40

La religiosità contro la demenza senile. Più che una credenza è il risultato condotto da due ricercatori dell'Università di Padova e pubblicata sulla rivista Current Alzheimer Research.

Alla base dello studio ci sarebbe, più che la religione vera e propria, "l'attitudine alla religione o spiritualità". Gli studiosi, diretti dal professor Enzo Manzato, hanno dimostrato che i pazienti con un più basso livello di religiosità hanno avuto un decadimento senile maggiorte del 10% rispetto agli anziani più "religiosi".


La ricerca ha preso in esame 64 persone anziane, affette da Alzheimer in differenti stadi della malattia. Ha suddiviso in due gruppi gli ammalti: il primo gruppo con un basso livello di reliogisità e il secondo con un livello più elevato. Per un anno si è poi tenuta sotto controllo la progressione della demenza, sottoponendo i pazienti ad appositi test che misurassero la loro situazione mentale e la funzionalità cerebrale, sia relativa alle semplici attività quotidiane come vestirsi, lavarsi e mangiare da soli, sia più elaborata, come telefonare.

Ebbene, come già anticipato i più religiosi hanno avuto una perdita del 10% in meno rispetto agli altri. Il professor Manzato ha fonrnito questa spiegazione: "È noto che gli stimoli sensoriali provenienti da una normale vita sociale rallentano il decadimento cognitivo ma nel caso dello studio riportato sembra essere proprio la religiosità interiore quella in grado di rallentare la perdita cognitiva. Non si tratta quindi di una ritualità cui si associano determinati comportamenti sociali, bensì di una vera e propria tendenza a credere in una entità spirituale".

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